lunedì 1 giugno 2009

Album Fotografico

Una piccola sagoma nera incominciò a farsi spazio tra il cielo e il mare. Era troppo lontana anche solo per identifarcarne la corporatura e l'aspetto. Pian piano però questa riuscì a vincere l'ombra che la dominava e a darsi vita alla sguardo, immersa in una luce profonda. La minuscola figura camminava lenta sopra una scogliera che combatteva contra l'enormità di un'oceano che la circondava. Sempre molto adagio la figura si fece largo anche nello spazio circostante e nell'aria che l'opprimava allargandosi sempre più alla vista. Amelie camminava piano con un paio di infradito a i piedi, un jeans a pantoloncino e una camicetta rossa che si intonava col colore dei suoi capelli ricci. Con la sguardo divorava ogni piccolo particolare, ogni sfumatore di colore, ogni tono della luce che illuminava quello splendido mare, facendosi cullare dal dolce vento dell'estate appena iniziata, che la circondava nel suo forte e caloroso abbraccio. Non poteva trovare posto migliore, era perfetto. Amelie adorava il mare, la sensazione di eterna libertà e quiete che ti accoglieva, la scogliera bianca che incorniciava perfettamente quel paesaggio, il faro lontano che sovrastava le rocce bianche in un immagine più che mai poetica, il lento e dolce scroscio che infervorava in ogni dove e che rasserenava ogni pensiero, lasciando dietro di se una scia della più profonda quiete e pace. Osservava con sguardo malinconico mentre i suoi occhi azzurri si dipingevano di ogni immagine che potevano cogliere, le onde e le infinite pieghe che assumeva il mare che conquistava pian piano ogni tratto delle rocce bianche ,illuminate dal vento in una sinfonia di colori e suoni. L'aria incominciò ad accarezzargli i capelli e la pelle bianca mentre continuava il suo cammino. Amelie avrebbe voluto far parte di quel paesaggio se avesse potuto, o anche solo raccogliere quei momenti preziosi e conservarli nel suo cuore fino alla fine dei suoi giorni. A un certo punto si voltò e si fermò per qualche minuto, chiuse gli occhi e ispirò profondemente ogni suono e immagine. Fu colta da un senso....di poesia, non avrebbe saputo spiegarlo. Si avviò lungo i margini della scogliera e piano si sedette su uno scoglio leggermente inclinato verso il mare. Spostò le gambe come per stendersi ma mantenendosi in posizione seduta. Avvicinò poi le gambe verso il suo Album. Aveva una copertina verdastra con varie sfumature, e apparivano qua e là delle rughe e increspature date dalla carte che l'aveva avvolta, che si scontravano perfettamente con la parte nera laterale a l'album che permetteva a questo di aprirsi e chiudersi. Così in modo sempre adagio come a non stonare con il melodico paesaggio che l'avvolgeva, aprì il suo album di foto scattate quello stesso anno. Lo sguardo così si perse in quelle pagine....
Prima foto: aquilone rosso sangue a tipica forma romboidale fermo su un masso, tutto a colori.
Quell'anno Amelie aveva affrontato il suo penultimo duro, pesante, estenuante anno di liceo. Aveva scattato quella foto proprio dove si trovava ora, era il giorno prima dal rientro in classe. Voleva passarla davvero quell'estate, non voleva perdersi nulla del suo tempo libero che l'aveva tanto sollevata in quei mesi. Ora doveva ritornare a terra, di nuovo. Ma non si sentiva sconfitta, in un certo senso. Aveva colto quell'aquilone in una forma perfetta, la foto inquadrava perfettamente anche l'assenza di vento che non permetteva a questo di volare, così che era costretto dalla forza di gravità a restare a terra e a scontrarsi continuamente con i sassi. L'aveva osservato per qualche istante: inizialmente era decisamente fermo ma ,proprio ogni tanto, veniva leggermete scosso e rialzato da un leggero soffio di vento. Il filo era incastrato tra le rocce, ma nella foto non si vedeva. Quell'anno gli pesava nella mente trascinandosi paurosamente in ogni parte del suo corpo. Si sentiva pesante, pesante di ansie, problemi, di lacrime che l'avevano riempito ogni sua tremenda giornata. L'aquilone non l'aveva più ritrovato, ora che ci pensava.....
Seconda foto: zravvicinata al massimo su una chitarra posta in orizzontale, dove si poteva osservare le corde correre verso l'alto e un buco nero circolare formarsi verso il basso, tutto a colori. Era un foto di una visuale decisamente pessima, ma ad Amelie piaceva quel gioco di sfumatore che era riuscita a formare. Non era pratica nella fotografia come in molte altre cose, ma si sentiva libera nello svagare anche in campi che forse non gli erano proprio appropiati. L'importante era scattare. Quell'anno che l'aveva afflitta e chiusa in un vicolo cieco era riuscita a ritrovare parte di una sensazione di un sentimento ormai perso in ore ed ore ad ascoltare musica, musica, musica, di tutti i generi. Aveva ritrovato se stessa grazie a quella chitarra e al suo maestro, si sentiva come in crisi d'stinenza ogni volta che provava quel fremere forte nelle dita che erano bramose di toccare quelle corde. La foto era leggermente sfocata. Non aveva fatto molti progressi, ma era comunque contenta dei suoi risultati. Una delle poche cose che avrebbe voluto rivivere quell'anno.
Terza foto: mano che nascondeva un volto sorridente, divertito, con una ciocca di capelli probabilmente molto folti e una parte dell'espressione di un'occhio nascosto, in bianco e nero e sfocata anche quella.
Quell'anno il sentimento che più aveva alimentato le sue lacrime era la solitudine. Le foto era una riconcilazione con la realtà, se non fosse stato per quelle, sarebbe scomparsa nella sua casa in un mondo che non gli apparteneva, o che comunque si ostentava di conoscere. Si era liberata di quell'oppressione scattando foto, voleva conoscerla, la sua casa. Ma ora c'era lui. Nino era una persona affidabile, divertente, che l'accoglieva nel suo mondo come se fosse suo. In realtà si assomigliavano molto per certi aspetti. L'aveva visitato tante volte, Nino, era tutto ciò che lei avrebbe desiderato trovare in una persona, aveva ritrovato un sentimento sconosciuto, aveva visto parte di se stessa in lui. Ma era distante, distante miglia e miglia, non avevano tempo di scontrare i loro pensieri in un fulgido momento, lui era lontano da lei mentre lei era sempre più vicina. Gli sanguinarono gli occhi. Passò avanti....
Quarta foto: passero che si scontrava con la cornice della foto tagliandosi parte di un'ala e parte della testa, da cui in una parte si stagliava la sua rampa di lancio che consisteva in un piccolo ramo secco di un'albero, il tutto in bianco e nero.
Ora si trovava lì, Amelie, con il suo cuore salvo da una lunga lotta contro la realtà che l'aveva attanagliata, circondata, oppressa in quell'anno di scuola, ad assaggiare il vento che soffia, ad ascoltare il movimento del cielo, a guardare il suono del mare e ad essere sovrastata da una quiete di mille suoni. Era salva, era ancora viva, era sofferente a ogni dolore e grata di ogni piacere, e più che mai orgogliosa di se stessa. L'uccello era volato rapido al momento dello scatto, era stato un caso strordinario che l'avesse preso in volo. Ora anche lei poteva sentire il vuoto sotto di se. E ne era felice.
Quinta e ultima foto: l'orizzonte lontano, una linea retta con l'incontro tra il mare e il cielo,a colori. Il sole si stava immergendo in un oceano intagliato da increspature qua e là dove la stella ristagnava le sue ultime luci di un fragile e pallido tramonto, luci che pian piano si ritiravano nel profondo delle tenebre che conquistavano il cielo. La luce spariva piano, e Amelie alzo con la solita lentezza dei suoi movimenti ,per non disturbare il paesaggio, a osservare un ultima volta quegli attimi di pace. Ispirò ancora chiudendo gli occhi. Era distesa su uno scoglio e le linee del suo corpo, del suo viso, dei suo capelli si stagliavano in modo perfetto in quel paesaggio. Le prime stelle incominciarono a nascere in un cielo di luminose tenebre. Il faro si accese di una luce oscura per sorvegliare sui naviganti e il mare inghiottì l'oscurità del cielo. Il tempo incominciò come a rallentare. Amelie perse il suo sguardo ancora qualche istante in quell'eternità, poi ritornò alla foto. Era magnifica. Il cielo scorreva per intero a ridosso del mare formando quella leggerissima linea chiamata orizzonte. Non lo lasciava un minuto, l'uno e l'altro si scontravano in una perfetta sinfonia di colori e luci, come a incorniciare il mondo circostante. Ovunque andasse, per largo, per lungo, sempre avrebbe trovato quella linea da qualche parte, non c'era bisogno di cercarla, circondava tutto ciò che lo sguardo poteva osservare. Per quanto però la potesse spiare con gli occhi, non riuscirebbe mai a coglierla per la sua infinita interezza, e mai a coglierla davvero con un altro dei tuoi sensi, solo lo sguardo a diritto di ammirarlo. Amelie era sempre stata affascinata dall'orizzonte, era più di quanto potesse aspettarsi da trovare su questa terra, se avesse potuto sarebbe stata ad ammirarla per sempre. Ma molte delle sue cose più care erano lontane, e il tempo le si scagliava contro, per questo il suo album non era ancora terminato. Un'ultima delle sue numerose lacrime di quell'anno scese sulla foto. Amelie chiuse l'album e osservò ancora il cielo e il mare colorarsi di nero,cercando di ritrovare l'orizzonte perso nella più completa oscurità.
Non lo trovò.

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