mercoledì 12 agosto 2009

Cinque centimetri al secondo

Il ringhiare di una campanella riempì l'aria in maniera feroce sovrastando tutti i suoni presenti. Lievi e allegri sospiri dietro i banchi della 1° C da parte di studenti ben contenti di affrontare l'ultima ora nella materia che più gli aggrada. Educazione Fisica. Il rumore dello smuovere di banchi e sedie con conseguente fruscio di fogli e penne in movimento si legò melodicamente ai brontolii dell'insegnante che veloce dettava le ultime note di assegno. Pian piano l'intera classe si alzò, chi piano chi veloce, attraverso i loro banchi, raccogliendo zaini, borse quaderni e le forze dell'ultimo sforzo scolastico di quella giornata. L'insegante chiuse il registo, se lo portò al petto con aerea professionale, si aggiustò gli occhiali portandoseli più vicini agli occhi, e sospirando si allontanò dalla classe di tutta fretta con in mano la sua grassa verde borsa. Lievi schiamazzi rombeggiavano piano nell'aria, seguito da risatine e vocii che scomparvero piano attaraverso i corridoi. La classe rimase vuota e silenziosa, le sedie in disordine tra banchi scomposti, mentre una luce estiva rischiarava il tutto con una forte afa. Poi lo scricchiolio di una sedia che si muoveva rasente al pavimento. La luce formò un ombra di una persona che dimostrava essere alta due metri. Ma in realtà era solo un ragazzo. Joseph si avvicinò piano alla lavagna, con volto serio ma sereno, smuovendo piano l'aria che lo circondava. Osservò le piccole partcielle di polvere danzare attarverso un fascio di luce. Non sapeva ben concentrarsi solo su una, poichè subito si perdeva dietro un altra, e questa dietro un altra ancora. . .
Si avviò ancora dritto verso la lavagna. Poi si fermò, sempre molto lentamente, con fare metodico. Incominciò a osservare anche il carbone nero, liscio e piatto come un foglio di carta stonare pienamente con la facciata del muro bianchissimo, leggermente impolverata in cui riusciva a cogliere ancora i segni di gesso della precedente lezione con conseguenti macchie di cassino che sfoggiavano come delle nuvole attorno ad esse. In effetti, da un diverso occhio, a dirla tutta, quel ragazzo poteva apparire anche come un bambino autistico che osservava una semplice lavagna come se fosse un favoloso dipinto. Il pensiero fece spuntare un lieve sorriso a Joseph, che si nascose nella sua serissima faccia. Prese con estrema calma il gesso. Aveva un fare lento davvero unico, quasi affascinante a volte, ma ai più in realtà sembrava da matti. Portò il gesso alla lavagna stringendolo piano tra il suo pollice, indice e medio, bianchi quasi quanto il gesso stesso arrossati lievemente solo verso i polpastrelli. Fece incontrare il gesso con la superficie nera della lavagna, provocando una lieve ferita bianca. Poi tirò più dritto verso il basso, ma non con volontà casuale, ma con precisa accuratezza come se stesse seguendo un tracciato ben preciso. Il suo sguardo divenne imperscrutabile e il colore dei suoi occhi si accese di una nuova luce, la pelle bianca prese come più colorito e una lieve ruga nacque all'alto dell'occhio sinistro, ora inarcato e del tutto concentrato. Si mosse verso il basso con movimento danzante, come se stesse disegnando con tutto il corpo, tracciando linee qua e là, sempre in modo minuzioso e attento. L'aria assaporava il leggero stridere del gesso sulla lavagna. La polvere del gesso cadeva piano sui bordi della cornice. Faceva molto caldo quel giorno, e Joseph incominciò a sudare. La porta si aprì. Il cuore di Joseph andò in palpitazione nervosa e il suo respiro si fece più veloce, anche se non lo dava affatto a vedere. Era il perfetto antiessere dei suoi sentimenti, in un certo senso. . . Si fermò soltanto qualche istante per osservare il nuovo ospite di quella stanza. Era Christine. Joseph aveva sempre pensato che quel nome non si adattasse per niente a lei. Christine aveva sempre pensato che il suo nome fosse completamente inadatto per lei, e odiava anche chi la chiamava Chrisss, allungando smisuratamente il suono di quella s. Joseph incontrò gli occhi arancio-rossastri di Christine. Christine sbuffò lievemente osservando il gesso impriogionato nelle sue bianche dita ora lievemente arrossate. Joseph distolse lo sguardo e ricominciò il suo lavoro come se nulla fosse successo. Christine sbuffò ancora alzando gli occhi al cielo muovendo la testa in segno di negazione. I suoi capelli ondeggiarono sulle spalle. Rigirandosi prese per mano la maniglia della porta e la chiuse attenta a non fare rumore. Joseph spostandosi dall'altra parte della lavagna col gesso perennemente incollato al nero della lavagna osservò il suo abbigliamento. Sembrava uscita da un manga a colori. E non solo per il suo abbigliamento. Portava con disinvoltura una camicetta di un azzurro stinto con maniche che gli arrivavano fin sopra le spalle, camicetta che si chideva con un piccolo fiocco blu che richiudeva una lieve apertura al mezzo dal petto, lasciandola abbastanza scollata. Questa era attraversata da una fascia che reggeva una borsa perfettamente rettangolare di un azzurro più chiaro con allegati pupazzetti di teschi e di orsetti con cuori, che si dondolavano sulla mini gonna di un fortissimo nero, retta da una cintura a scacchi bianca e nera. Il tutto terminava con un paio di ballerine luccicose anch'esse azzurrine. Molti definivano questo abbigliamento da punk, o da emo, ma Joseph non sapeva bene cosa significasse, e in ogni caso, non gli importava. Lui lo trovava delizioso, per quanto l'abbigliamento per lui non fosse importante.
I suoi occhi ricaddero sulle piccole lentiggini sparse sulle spalle e il suo braccio. Poi si voltò. Lui si voltò facendo finta che fin'ora avesse osservato solo la lavagna. E per quanto ne potesse sapere, Christine era convinta di ciò. Stette per qualche istante a fissarlo, lo strano rapporto che aveva tra il gesso e la lavagna che ora parevano un tuttuno. Si sentì un lieve "mah . ." scoccare dalle piccole labbra, e scomparve dietro di lui. Con la coda dell'occhio il verde sguardo di Joseph si inoltrò nel piccolo volto di lei. Era leggermente arrotondato, con piccolo lentiggini che correvano per tutte e due le guance. Il naso solo accenato in mezzo ai suoi occhi di un inumano colore arancio. Sì, proprio arancio. Per molti avrebbero risposto castano, ma lui sapeva quanto in realtà nascondessero un colore unico. Erano di un arancione scuro, come le foglie di un acero abbastanza invecchiate, pieno di macchioline nere di cui non sapeva identificarne bene la disposizione ma si allungavano a mo di puntini o linee sparse per tutto l'iride. Ma non intralciavano per nulla l'audace colore dei suoi occhi. Le ciglia si allungavano abbastanza lontane dalle palpebre, di un nero piuttosto chiaro e la breve fronte era priva di ogni impurità. Ma più di tutto, ciò che più risaltava nel suo volto erano i suoi lunghi capelli color rame. E non erano rossi, ma proprio arancioni, un color rame diverso dai suoi occhi però. I suoi capelli cadevano ricci sulle spalle, e non si illuminavano alla luce del sole, ne risplendevano di qualche strana luce, ma semplicemente sembrava che quei capelli fossero intrinsechi di quel forte colore che si congiungeva benissimo al suo volto. A Joseph piaceva pensare che Christine non avesse dei capelli di un bel colore, ma un colore di bei capelli. Era difficile per lui esprimere il concetto, ma la cosa lo fece sorridere di nuovo. Ma questa volta il suo sorriso non si nascose, ma risplendette nel suo volto corrugando leggermente le palpebre.
Christine si mosse scocciata verso il primo banco e sedia dietro il suo compagno. Lo osservò ancora qualche attimo. Inarcò leggermente le sopracciglia osservando la strana figura che compariva dalle sue mani. Era un disegno dai contorni non ben definiti, e piuttosto approssimato secondo lei per essere identificato in un qualunque cosa rappresentasse. Si deconcetrò dal lavoro del suo amico, e si sedette con le gambe divaricate sulla sedia facendo incontrare le ginocchia che si scoprirono da una mini gonna, ora, leggermente alzata. Socciata si liberò dalla presa della sua cartella appogiandola sulle sue gambe, aprì facendo scorrere veolcemente la cerniera e ne tirò fuori un quaderno arancione. La cartella cadde a terra. Lei la prese svelta e la portò sotto il banco. Prese il quaderno tra le mani, l'aprì, prese una penna dalla tasca e incominciò a mordersela, concentrandosi su quei strani segni che riportavano quelle pagine. Inarcò ancora gli occhi e provò a concentrarsi. Ogni tanto alzava lo sguardo per dare un'occhiata all'andatura danzante dell'amico. Si immaginò librare nell'aria lui, il gesso e la lavagna, in gesti armoniosi e leggiadri. Si sentì una stupida e proseguì il suo studio. O per lo meno ci provò.
" . . . dalla radice di un numero negativo quindi consideriamo che . . ."
Scostò dei capelli che gli erano caduti dalla fronte, portandosi il quaderno più vicino ai suoi occhi per vedere uno strano segno non ben identificato. Non lo capì. Annoiata chiuse il quaderno in uno scocchio e lo sbattè sul banco, incominciando a mordere più forte la penna. Portò le gambe verso il banco e ci appoggiò sopra i piedi, a mò di divano. Poi parlò
- Ehi. . .
Joseph non fece una piega e proseguì a fare i suoi segni sulla lavagna.
Christine alzò gli occhi e sbuffò con la penna tra i denti.
- Ehi, come mai sei qui? Cos'è, educazione fisica non ti appasiona?
- Già - farfugliò Joseph. Altri segni, altri stridolii, altra polvere. La luce incominciò a nascondersi dietro i muri della classe. Christine lo osservò quasi divertita ora. Non aveva mai avuto interesse per Joseph, o meglio, mai ne avrebbe avuto con un tipo così silenzioso e. . . strano. Ma a lei non piaceva definire la gente strana. Ma non trovava altro aggettivo per identificare il suo compagno.
- . . . e cosa fai? - domandò sempre con la penna mangiucchiata tra i denti.
Joseph si piegò in avanti e incominciò a portare avanti e indietro il gesso quasi ai bordi della lavagna, sempre come se stesse seguendo dei tratti ben precisi.
Christine non si aspettò una risposta e si voltò a osservare fuori dalla finestra. Non pensava a niente. Joseph pensava di tutto.
- Cinque centimetri al secondo . . . - disse con voce ferma Joseph
- Come? -
In realtà Christine aveva capito benissimo, ma sperò si fosse sbagliata. Non aveva voglia di seguire folli discorsi con compagni apatici. Ma il suo sguardo si colorò di una curiosità nuova, ma Joseph aveva incontrato solo incertezza nella sua voce.
- Cinque centimetri al secondo, e la velocità con cui cadono i petali di un ciliegio . . .
Silenzioso silenzio irrigidì l'aria e i cuori dei ragazzi. Uno sembrava leggermente intimorita da quei discorsi, l'altro come se stesse lanciando da un burrone di pura follia. Entrambi avrebbero ben volentieri che quell'imbarazzante situazione si attenuasse e si rifugiasse nel vuoto di quel silenzio, ma nel fondo una aveva orecchie affamate l'altro un pensiero in piena esplosione. Christine irrigidì le spalle e si spinse un pò dietro mantenendo la sedie solo con le gambe anteriori, distendendo leggermente le gambe sul banco. Smettè improvvisamente di mordere la penna e non mosse lo sguardò dal compagno.
- Il tratto che percorre il petalo è breve, la sua fine in una fredda terra di autunno è vicino eppure incanta tutti il suo movimento con l'aria e il mondo circostante. In quel brevissimo minuti può conquistare il tuo sguardo, i tuoi pensieri, la tua attenzione più forte . . . si gira e rigira nel vuoto delicato com'è il suo colore e il suo. . . cadere. Nulla cade più dolcemente di un petalo di ciliegio ( si trattenne nel chiedere "non trovi?" ), eppure sono solo cinque centimetri al secondo. .
Le sue parole si spensero in un lieve e timido borbottio che lo imbarazzo più di qualunque altra cosa. Si aspettava una grande risata, o una vergogna che l'avrebbe accompagnato per il resto dell'anno. Ma il suo corpo non rispose agli stimoli della sua anima incendiata, e continuò concentrato il suo lavoro. Il silenzio si impadronì di ogni battito del suo cuore mettendosi al comando delle sue ansie più profonde. Christine alzò lo sguardo, basita apriva lievemente la bocca, perfettamente immobile in quella sua posizione scolasticamente scorretta, con le pupille dilatate e la luce che attraversava i suoi capelli come se fossero della stessa consistenza di un fantasma . Credeva di aver trattenuto una piccola risata, ma in realtà non ci trovava nulla da ridere anzi, quelle parole . . . avevano avuto un effetto così ambiguo su di se che non sarebbe mai riuscita a spiegarlo. Rimanè solo così, immobile mentre lui frenetico ma metodico lavorava con la lavagna. Poi a un certo puntò lui allontanò il gesso dalla lastra nera, accorciatosi di parecchio ora. Osservò per qualche istante gli schizzi bianchi prendevano forma nella sua mente. Posò il gesso sulla cattedra, con le mani tutte impolverate senza voltarsi. Corse verso la porta con passo lento, e con leggerezza la aprì e uscì da l'aula. Christine lo osservò in tutti i suoi movimenti ritornando a mordersi la penna. Distolse lo sguardo dalla porta e portò lo stesso sulla lavagna. Un albero dai mille rami reggeva altrettante mille perfetti fiorellini, alcuni più piccoli altri più grandi che si raccoglievano in perfetta sintonia di obre e luci. Era un albero di ciliegio sorretto da polvere di gesso, nato a metà di una lavagna che si raccaoglieva per gran parte della lunghezza del bordo, riempito da tantissimi fiori di ciliegio. Accanto a un tronco di polvere, piccolo cadeva un petalo che aveva appena resentato la superficie della bianca terra. Christine portò la sedia al suo corretto baricentro, posò la penna consumata dai morsi sul banco e si avvicinò inclinando leggermente spalle, corpo e testa verso la lavagna, riempita e rapita da quell'albero di povere. Notò il fascio di luce comprimersi nell'aria rivelando migliaia di particelle di quell'albero volteggiare nel vuoto. Li osservò con poca attenzione, poi si eresse in posizione retta a schiena dritta. Prese il cancellino posato sulla cattedra. Cancellò con un gesto il petalo nascosto dalla terra bianca. Poi prese il gesso e ne disegnò uno a mezz'aria a metà dell'altezza del tronco. Si sporse ancora per osservare quel petalo che cadeva fermo nella lavagna. Il suo volto si dipinse di un sorriso. Si raccolse i capelli dietro le spalle, prese quaderno, penna e cartella e uscì dall'aula con fare danzante. La sua gonna volteggiò piano tra il corridoio e la stanza. Nell'aula ora aleggiava solo un pesante silenzio dove si sentiva solo l'essenza stessa dell'assenza.
Ma non era vuota.

*il titolo del racconto è liberamente ispirato all'anime " Byosoku 5 centimeter " di Makoto Shinkai

venerdì 31 luglio 2009

" Stagioni diverse "



Vabbè che con King si parte con 7 punti avanti . . . . .
. . . . ma altri sette punti se ne vanno perchè l'horror, solitamente , si confonde spesso con il comico. Cioè, la scena di quello che urla, del sangue da per tutto, con un buio di una notte che sembra durare 12 ore, il muostruone che sghignazza assetato di carne umana, e la bambola che parla da sola (con frasi del tutto inquietanti, ovviamente. . .) , e le scritte sul muro, sempre di sangue, e tutti che si dividono perchè restare uniti è fisicamente impossibile, e la donna assasina perchè l'uomo è andato fuori moda, e le urla, e il sangue, e il buio, e il buio, e il sangue, e le urla. . .
E CHE PALLE!
Alla fine gira e rigira il genere horror quello è. Vabbè ok, magari anche il fantasy si ritrova sempre le stesse cose: il bene contro il male, una profezia, il coglionazzo che diventa il super eroe, e la super magia che distrugge tutto il male di sta terra, e lo sdolcinato happy end. Ma solitamente in ogni fantasy si trova un minimo di originalità. Ditemi se non avete almeno una volta visto o sentito in un film/libro horror le seguenti affermazioni o contesti:
Una bella vacanza, ovviamente in una città sperduta, mica al mare.
Il padre con un sorriso a 32 denti visibile da ogni punto registri la telecamera, la madre solitamente silenziosa, la emo-ragazzina protagonista adolescente rompiballe in piena crisi depressiva da "questo posto non mi piace" e il fratellino di cui l'unico compito e far incazzare la sorella.
Il fratellino morirà, e voi già lo sapete dai primi due minuti di film.
Arrivati a Silent Hill, chiedete della casa in villegiatura. . .
"Abbiamo una ridente villetta lì al confine tra la casa del vecchio Frankstein e Mr.Hyde, in via Murder n°666, nell'isolato di Hell Street. . . . . vi va bene?"
Il padre annuisce sorridente, la madre sta zitta, la figlia sbuffa, il fratello gli da un pugno.
Arrivano stanchi nella supervillona con 400 stanze di cui 300 porte sono chiuse, perchè in un film horror le stanze sono sempre chiuse, la benzina dell'auto finisce quando arrivi lì, come arma di difesa hai il coltellino svizzero perso nei meandri di un armadio in una delle stanze chiuse, dove le luci di notte non funzionano, le finestre non si chiudono e il tu vicino dista a kilometri da lì. Ovviamente, il telefono, è un'optional che il più delle volte non funziona.
Te arrivi, ognuno si corica nelle proprie stanze distanti 5 km una dall'altra. Si fa notte.
brrrrr......paura eh?
La emo-ragazza pensa a quanto è depressa. Sente degli sghignazzi inquietanti e dei numerosi colpi dal soffito al piano di sopra. Ovviamente lei non si caga sotto dalla paura, ma va a cercare il fratello per fargli un mazziatone. Per puro errore entra nella cabina mistoriosa tutta buia. Te non vedi una mazza perchè ovviamente è tutto buio. Poi un silenzio. Un lungo silenzio. Un lunghissimo, suspantissimo silenzio. E quando stai per crollare dicendo " Cazzo uccidila così la facciamo finita" niente, lei non trova niente. Poi sale le scale e BUMMM, gli cade addosso il fratello tutto pieno di sangue con la testa mezza mozzata. Tu inorridisci davanti a un fantoccio ricoperto di ketchup. La emo-ragazzina manda un super-acuto che uccide il fratello, in fin di vita,e te rimani mezzo-sordo per tutto il film. Lei ora è ricoperta di sangue dalla testa ai piedi. Corra a più non posso verso la camera dei genitori, che ovviamente hanno chiuso la porta a chiave. Lei allora corre al telefono. Ma il telefono è staccato. Cerca una torcia, ma non la trova. Allora il realismo di un film fa posto a un surrealismo per cui, una ridente villetta ha la porta d'entrata chiusa a chiave. La ragazzina impreca, il pubblico anche, che sta per diventare cieco visto che è un film del tutto al buio. Lei corre di nuovo dai genitori. Incontra un super-muostrone con una faccia tutta ricoperta di sangue, con una motosega in mano, ricoperto da luride vestaglie. Lei tira fuori, non si di preciso da dove, una super ascia, gli taglia un braccio e lui muore. I genitori non si preoccupano affatto della morte del fratello, e tornano a casa felici di aver passato una buona vacanza, con una figlia ora disturbata. Fine. Ditemi quale film/libro non abbia una qualche somiglianza con questa storia???
Lo so io.
Stagioni Diverse, di Stephen King
Vabbè che secondo questo libro ci sarebbero 3 estate, 2 autunni, e un inverno e nessuna primavera . . .
Il libro si divide in quattro racconti, non-ognuna per ogni stagione.

1.Rita Hayworth e il prigioniero di Shawshank

Sapete chi è Rita Hayworth? No? Beh nemmeno io. Immagenatevi una gran gnocca anni '30. Ecco è lei.
Il racconto è raccontato dal punto di vista di "Red" il trovatutto del carcere di Shawshank. Se gli chiedi una sigaretta, lui c'è l'ha. Se gli chiedi una birra, lui c'è l'ha. Se gli chiedi una pistola, lui c'è l'ha. C'ha più roba lui che l'Ikea. Arriva il protagonista del racconto di Red, il suo compare, Andy Dufrasne, accusato di aver assasinato la moglie e il suo amante con prove inconfutabilmente sbagliate. Condannato a 3 condanne a vita. Una media di circa. . . . 210 anni. Per un'inoccente. Sì, insomma, i giudici si sono laureati all'università d topo gigio, mi sà. Mò. . . . Andy Dufrasne è un figo, ti sa lavorare le pietre con il solo uso di un martelletto creandoti piccoli David di Michelangelo in miniatura, sa avere uno stipendio anche dentro un carcere. . . e far avere uno stipendio a quasi tutti i dipendenti-poliziotti-malmenatori, oltre che al direttore!!
"Vedi che non è capace di evadere scavando una buca con un martelletto? "
Infatti sì. E anche attraversare una luuuuunga parete piena di ratti, fango, sporcizia, e fango alta e larga cinque per cinque. . . . centimetri. . . .
E vabbè, a parte la kriptonite tutto ci stava.
E incredibilmente, stranamente. . . . mi è piaciuto più il film chiamato miseramente " Ali della libertà"
(Cosa sono quei quattr'uomini che scendono dal cielo?)
Sì signori, il mito della filmografia che non potrà mai uguagliare ne tanto mene superare le bellezza di alcuni romanzi è finalmente sfasata! Ora viviamo in un muondo migliuooooore!
MUAHAHAHAHAHA
AHAHAH
AHA
Ah....
(?!?!?)
Insomma, con questo non voglio dire che il racconto non mi sia piaciuto, anzi, uno stile ineguaglibabile che si intreccia in una storia a dir poco incredibile. Ma il film, è stata tutt'altra cosa. Era come una perfetta ricreazione del racconto, solo che ti dava più l'idea della perfidia e della cazzima che regnava sovrana in una prigione di cui i sentimenti dei personaggi si riscontrano in una perfetta recitazione. L'area dell'essere perduto, condannato, delle sbarre che ti separano dal mondo rinchiudendo la tua libertà in una misera stanza buia. . . . . .
Brrrrr
Babè insomma bello, bello, bello! Ma passiamo al secondo. . .

2. Apt Pupil (Un ragazzo sveglio)

Prendete il raccapricciante The Ring, l'inquietante Silent Hill, il tetro It e unitelo con un ragazzino tredicenne appasionato di campi di concentramento e un ex-nazista.
sadico: [sa-di-co] agg. che gode delle sofferenze altrui, perverso, maniaco, masochista
Tsk. Io aggiungerei Tadd Bowden.
Tadd Bowden è il solito ragazzino biondo-occhi-azzuri-ho-tutti-10-a-scuola che ovviamente è un sadico perverso. Perchè si sa, i pervertiti sono obbligatoriamente bonazzi di cui non dubiteresti mai delle sue capacità mentali.
Arthur Denker era comandante di un campo di concentramento a Patin, alcolista, nazista, fumatore incallito. Perchè si sa, i vecchi nazisti sono tutti alcolisti, fumatori di cui dubiteresti seriamente delle sue capacità mentali.
Incomincia per caso tra i due un rapporto dai risvolti sadici, fondato sui racconti più inquietanti sulle opere e le torture fatti agli ebrei. Da buon scrittore King ha avuto cuore di non premurarci troppo sui racconti di tortua degli ebrei, per lo più il racconto si concentra sulle attività dei due protagonisti, che consistono in : vestirsi da colonelli della seconda guerra mondiale, ubriacarsi, arrostire gatti vivi, ricattarsi a vicenda con lettere di manaccia, minacciarsi di uccidere e uccidere barboni. Finchè il caro Bowden però non si mette nei casini, viene scoperto da un professore di orientamento universitario che ama non farsi gli affari suoi e. . . .
Dai e come può finire scondo voi?
Pensateci un attimo. . . .
Su su, non è difficile . . .
Pensate a qualcosa di moooolto inquietante. . .
. . . . . .
Sì! Esatto, si ammazzano!!!
Insomma, una roba davvero tetra e inquietante, un racconto che ha rinnovato il genere horror non riscontrandosi affatto con robaccia tipo tanto-sangue-tanto-buio-tante urla. . . .ma qualcosa di moooooolto più tremendo . . .
Un risvolto in un passato in modo davvero insolito
Brrrrr
3.Il corpo (Per intenderci. . . . Stand By Me)
Parliamo di adolescenza. . . .
so cosa state pensando . . . .
Ma per fortuna non è stato così.
Volete che rendi una merda sto racconto? Ok
Quattro adolescenti sfigati , quattro amici che tutto al più condividono dei genitori di merda, decidono di partire alla ricerca di un morto che, evidentemente, una attivissima polizia locale non ha trovato, sperando di riscontrare un enooooorme successo.
E come fan con i genitori?
Semplice, dicono che vanno a dormire in tenda a casa di un amico. Il fatto che questa notte dura due giorni non cambia niente.
E come sopraviveranno?
Si porteranno un pence ognuno. Perchè a Castle Rock con un pence ti compri: quattro panini, carne macinata, pancetta, prosciutto e coca cola. E con questa enoooooorme quantità di cibo quattro baldi giovano sopravvivono per tre dì .
E come trovano l'uomo morto?
Girovagavano seguendo una pista di binari di un treno assasino che uccide i ragazzi che passano sopra il suo binario.
E cosa sperano di fare con l'uomo morto?
Se trovi un uomo morto, sei un uomo fortunato a Castle Rock. . .
E detta così, la storia può sembrare abbastanza stupida.
Se non fosse che i quattro protagonisti hanno una storia più complessa e profonda di quanto può sembrare , che anche se la storia può sembrare assurda , detta da King è una genialata, che lo stile ironico anni è '60 è troppo figo, che racchiude più perle di saggezza questo racconto che tomi interi, perle che si incontrano nei pensieri del protagonista Gordon e nelle azioni e nefaste vicende che accompagneranno i protagonisti nell'intera storia. Divertente, spassoso, in alcuni istanti profondo e in altri davvero toccante. Una banale storia raccontata in uno stile superbo e redatta in un film altrettanto fantastico, bello quanto il racconto secondo me. Bello, bello, bello, credo sia la prima volta che mi sia appasionato tanto a un racconto ambientato negli anni '60.
Quindi. . . . ugualmente . . . .
Brrr
4.Il metodo di respirazione
Si inizia bene, si finisce male.
Ma l'ha scritto King o la finito qualcun'altro questo libro?
L'aria tetra e horroriana ci stava tutta. Ma è il contesto che non andava. Un club di vecchietti alcolizzati che si racconta storie, dove per la casa si aggirano mobili marchiati da marchi inesistenti e infestata da rumori che il maggiordomo afferma essere dei fantasmi del piano di sopra, che sembra disendersi in un infinita varietà di librerie.
E vabbè. . . . . ma succedesse qualcosa!!!!!
E questo racconto non ho cuore di dirvelo, e di sopra non ci vado, e non faccio domande per non insospettire, e il maggiordomo serve bevande con mancie da 100 dollari l'una, sempre senza domande. E di questo non si parla, questo non si fa, questo non si pensa. . . .
MA L'AZIONE, DOV'è???
Insomma, dopo varie e luuuuuuuuuunghe descrizioni e riflessioni del protagonista su sto club di vecchietti, tutto si riduce all'unica storia che fa di riferimento, che in breve:
una donna incinta fa un incidente e rimane decapitata ma continua a respirare e partorisce il bambino. Ops, forse ho detto troppo.
Credetemi, vi ho fatto un favore.
Sì King, inquietante ok, ma la prossima volta, STRINGI!
Brrrr...rrrr.......rrr..zzzzzzzzzz
Voto Finale: 8 , e sette non vanno perchè è Horror, ma perchè è KING!!!

Skins - Cassie

Ecco delle icone realizzate da me del mio personaggio preferito di Skins.....

.....CASSIE!!!!!!

Icone Base:



Icone Modificate:




Ps= La qualità delle icone si è abbassata caricandole sul sito. Vi assicuro che salvandolo sul pc quella specie di grana nera scomparirà per qualche strano marchingegno informatico, e la qualità aumenterà lievemente .
PPs= Auguro di buon cuore a tutti quelli che scopiazzeranno queste icons senza lasciare uno straccio di commento o senza citarne accuratamente la fonte una colite spastica per il resto dell'anno ^_^

martedì 21 luglio 2009

Prove di lettura

Ore 16.27
Mamma: " Frà, allora noi usciamo, vuoi venire con noi?"
(So benissimo che non hai nessuna intenzione di vedere l'ennesimo pallosissimo negozio di arredi, ma come madre ho il diritto di farti sentire in colpa con questa domanda. . .)
Io: " No mà, grazie, mi scoccio. . ."
Mamma: " Ok, allora noi andiamo. Ciaooo!"
(Anche se ti considero un figlio degerrimo e disgraziato per questa risposta, ti saluto lo stesso con un saluto del tutto CIOVANILE. . . .)



Ore 16.30
La casa è vuota, tutta per me, potrei fare di tutto, mettermi al pc, guardare la tv, suonare un po', cazzeggiare come mi pare! Oooolè! Non sprecherò nemmeno un minuto!!!



Ore 17.34
Dopo una mezzora a decidere se ingurgitare dei cornetti gelato e dopo un altra mezzora di sensi di colpa, decido che leggerò un po'. . . (non l'avessi mai detto. . . .). Così mi stendo sul mio fighissimo letto, apro la pagina a cui ero rimasto e. . . .



Ore 17.35
DRIIIIIIIN DRIIIIIIIIN
Squilla quello stramaledetto telefono. . .
Rispondo. . . .
" Pronto? "
" Ciaaaaaao sono Gianmaaaaaaaarco, l'aaaaaaaamico di Cristiaaaaaaaaaana, c'è?
" No, mi spiace, mia sorella non è in casa..."
". . . ."
". . . ."
( E cazzo dici qualcosa pure te! )
" Ok, grazie lo stesso, Ciaaaaao"
" Ciaaaaaao"
Clips



Ore 17.50
DRIIIN DRIIIIN
Dannatissimo telefono. . . .
Rispondo incazzatissimo
" Pronto? "
" Wuè"
(Wuè cosa??? )
" Ehm. . .si?"
" Sono Zio Dario..."
( Merda. . . )
" Ah sì zio, scusami, cosa c'è?"
" Ciao Fra, c'è papà?"
" No, veramente non c'è nessuno (e io stavo beatamente leggendo in santa pace...) perchè?"
" Allora dici a papà se quel suo amico cerca ancora casa a Praga che lo devo richiamare. . ."
" Ok!"
" Te lo ricordi?"
" Ma sì certo"
" Sicuro?"
( Ho 16 anni perfettamente sano, ringraziando chissà quale santo, nessun problema cerebrale ne di memoria, quindi...fai un po' te ! )
" Ma si certo che me lo ricordo. . ."
" Ok ciao!"
( Ciao, grazie per avermi fatto perdere altri preziosissimi minuti del mio tempo libero!)
" Ciao Ciao !"



Ore 18.05
Bussano alla porta. Grandissima è la tentazione di non aprire e far finta di niente. Altrettanto grande è il pensiero di mia nonna che si è tagliato un dito e vorrebbe che il nipote chiamasse soccorso. Mi precipito alla porta. . .
" Ciao Franceshhhco!!"
" Ciao Nonna..."
" Guarda qua! Ti ho portato le federe dei cuscini da abbinare al lenzuolo che ti ho fatto!!"
( Sapendo che c'hai messo circa un pomeriggio intero a trovare un compromesso con tua madre per il colore e il modello del nuovo letto e che sei del tutto soddisfatto del risultato, ti ho preparato delle federe e delle lenzuola di colore marroncino-giallo che non c'entrano niente al blu scuro che hai scelto, contento? E siccome c'ho messo due giorni per fartele per bene, facendomi dei calli anche alle mani e sospendendo anche tutti gli altri lavori per i capi di famiglia, sono sicurissima che la tua risposta non può che essere. . .)
"Che belli Nonna, grazzzzzzie!! "
" Bene, andiamo a metterli! "
(Che ti credi di liberarti così di me? Con un 'Grazie' anche poco sincero? Eh no caro. . .)
Ci spostiamo in cameretta. . . .
" Guarda mo ti mostro il metodo più veloce per mettere le federe ai cuscini. . ."
Strapazza i miei cuscini come se fosse una bambina indemoniata piegandoli a mo di molla e stringendoli come se fossero bambole, e con un colpo li fa entrare nelle federe.
" Visto? Facile, no?"
" Ehm...sì, infatti!"
" Bene...fatto! Ma stai dando l'acqua alle piante?"
" Mah, veramente ci pensa mamma...." (ovvero, nel deserto del Sarha riceverebbero anche più acqua...)
" Ah, non ti preoccupare, mo ci penso io" armandosi di una tazzina piena d'acqua , la supernonna si premune di salvare la flora di questa casa. Compiuto il suo obbiettivo soddisfatta si avvia verso la porta...
" Guarda te. . .ho un palazzo pieno di nipoti e. . . ."
. . . . .
" . . .e cosa nonna?"
" . . . .e non posso chiedere a nessuno di prendermi delle medicine in farmacia!!!"
( Siccome so che sei un nipote degenerato, oltre che un figlio sciagurato, e poichè hai fatto la faccia schifata guardando come maltrattavo i tuoi cuscni nella mia letale mossa 'come mettere una federa in 3 secondi netti ' , ti meriti valanghe di sensi di colpa. . . .)
" Ma dai nonna, se me l'avessi chiesto ci sarei andato su! "
" Ma se non compri nemmeno le sigarette a tua madre!"
" Ma le sigarette fanno male, le medicine no. . "
( Touchè! )
" Vabbè, mo vado, Cià!"
(Vabbè te la do vinta per sta volta, ma mo organizzati a trovare una scusa decente per il mio ' ma non mi vieni mai a trovare anche se abito due piani sotto di te?!?! ' che il fatto che venga io ogni 10 minuti al giorno non basta più! E siccome ti schifo per come hai guardato le mie preziose federemarroni ti saluto in modo del tutto superficiale e poco amichevole!)
" Ciao Nonna "

Ore 18.30
Dopo che sembrava che una strana calma si fosse instaurata nella caZa, che un'atmosfera silenziosa e piacevole per letture amene stesse davvero convincendomi che forse c'è l'avrei fatta a terminare quelle 4 pagine che stavo provando a leggere da un'ora. . . .la sfiga cosmica si fa presente con un nuovo. . . .
DRIIIIIIN DRIIIIIIIN
" Ma porca miseria!!" bestemmio incazzatissimo
Io: " PRONTO?!?" ( chiunque sia, sappia che il mio tono con punti interrogativi ed esclamativi non è affatto a caso....quindi....ci rifletta su prima di parlare...)
". . . ."
". . . ."
" Si può sapere chi è. . ."
" Saaaaaaaaaaaaaaaalve, sono della compagnia ' Sazzo, OraTiRompoIl****', volevo chiederle...
". . . ." . . .silenzio. . . .
" COSA?!?!??!?"
" . . . .scusi, una piccola intervista , durerà solo pochi. . . ."
Risatine da l'altro capo

Mo o attacco o mi faccio schiavo della voglia di bestem...

". . .minuti! Allora, incominciamo. . ."
" Ehm, no mi scusi, sono minorenne. . ." (essere minorenne a volte aiuta....)
" Ah. . ."
" Eh già. . ." (. . . .)
". . . . ."

Incomincio a odiare le persone silenziose....

" Vabbennnne , Grazzzzzie lo stesso, Arrivederci "
Il suo sorriso si sentiva dalla cornetta. . .
" Arri. . .grrr"
Clips

Ore 18.47
Ora che in ben due ore avrò letto si e no 12 pagine tra gente da attacchi di mutismo per telefono, tra una nonna che rivoltava, sfoderava, picchiava, maltrattava e qualunque altra cosa si possa fare con i tuoi cuscini preferiti,il tutto mantenendo un sorriso a 45 denti, nemmeno Gandhi sarebbe riuscito a convincermi a una protesta "non-violenta" su una qualunque persona ora mi sarebbe presentata davanti col l'ovvio obbiettivo di disturbar . .
Din Don
Bussano alla porta
( Quindi quando bussano alla porta, non chiedere chi è.. . . . . .non aprire è basta!!!! )
Rimango inchiodato al letto
DinDonDinDonDinDon
( Merda, sarà mamma! )
Sfreccio a tutta velocità verso la porta apro e....
" CIAO CUGGINO"
". . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . "
"Che c'è?"
". . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . niente"
( Niente, sto solo pensando allo spirito della santa pazienza di Eriadan, a dove cavolo l'abbia trovato, che se c'è ne avessi una dovrebbe portare una decima, altro che una sesta; sto pensando in questo momento che ti odio più di ogni altra persona su questa terra, che se vado avanti così credo che quel libro non lo finirò mai ; sto pensando che probabilmente dio, per certi versi, si è dimesso o magari si diverte un casino lassù chissa dove ; sto pensando che ora più che mai vorrei strozzare e prendere a martellate chi ha detto che la sfortuna non esiste ; sto pensando a quante sedute di psicoterapia e quante tazze di camomilla Bonomelli mi servirebbero pel calmarmi anche solo un po', che se la mia energia incazzosa fosse incanalata potrei far scoppiare una città intera; sto pensando a tutti i motivi per cui dovrei chiuderti la porta in faccia e non sentirmi affatto in colpa; sto pensando a tutto lo zucchero che metterò nella camomilla e di quanto ingrasserò per colpa tua, si tua!!! A parte questo, no niente, non sto pensando a niente )
". . . . . non ti disturbo allora vero? Che stavi facendo?"
" In realtà stavo leggendo. . . . " ( sì, quindi, con questo voglio dire che mi disturbi più di una zanzara assetata di sangue alle 3 del mattino...)
" Ah ok, allora. . . "
( Ah ok, allora non ti disturberò affatto se mi attacco al tuo pc, anche se ne ho ben 4 in casa mia a sentire musica ad alto volume che tu, mi ha già ripetuto mille volte, odi con tutto te stesso. . .)
". . .già. . . ." (. . . .)
Si avvia esaltato per la camera da letto, mentre io m'immagino a un probabile processo di omicidio volontario e del giudice che dice " Ucciso per. . . .perchè ti disturbava mentre leggevi? Ah beh, allora sei assolto! ". Io lo seguo funesto. . .
" Vuoi sapere della mia gita a Roma?"
". . . . . . . ."
" Allora, praticamente...."
E intanto penso alla mia follia omicidia che in questo momento vorrebbe far fuori il venditore dei lenzuoli di mia nonna, la signorina dell'intervista e chi ha sparso il detto " Chi tace, acconsente".
". . . . . . . . e poi bla,bla,bla, ti spiace se metto della musica? (mi rispondo da solo, vah!) Ok la metto, ti piacerà (la odierai con tutto te stesso, come sempre) comunque bla, bla, bla . . . . . ."
". . . . . . . . . . . . ."
" . . . . .e bla, bla, bla. . ."

Ore 19.05
" . . . . .e quindi bla,bla,bla. . . . ."
". . . . . . . . . . ."
". . . . . . e infine bla. Ma mi stai ascoltando? "
". . . . . . . .ho mal di pancia" (benedetto intestino fatto da Giovanni Muchacha con colla vilinica e cartigienica. . . )
" Ah . . . . "
" Già . . . ." ( ma mi ha sentito o lo fai a posta? Ho detto che MI FA MALE LA PANCIA, non lo dico tanto per dire, conosci i doppi sensi? I significati occulti??? Beh imparali perchè MI FA MALE LA PANCIA alla risposta ' ma mi stai ascoltando?!?" significa NO , anzi, mi stai annoiando come un libro della Meyer!!!! )
" Beh, comunque bla, bla, bla. . . . ."

Voglio del Vicodin. . . .

Ore 19.30
" e bla, bla, bla . . . ."
Una luce si accende. La GrandeMadre è tornata a casa. I miei occhi urlano " SALVAMI"

La GrandeMadre non capisce

Io voglio sotterarmi e inghiottire del Diazepam

" Ciao Fra, Ciao Cuggino Di Fra, come và?"
Sono steso sul letto, inerme, con gli occhi infossati, mani che stringono una pancia temporaneamente impossesata dal demonio mentre un cuggino logorroico mi sta raccontando la sua interessantissima gita a Roma, mentre penso a tre ore della mia vita andate tra chiamate di persone affette da attacchi di afasia e supernonne desiderose di amazzare cuscini. Fai un po' te. . .
" Male Mà, mi fa male la pancia. . ."
" Che hai? Dove? Quando? Perchè? Che hai mangiato? Vuoi che ti portiamo al pronto soccorso? Ma da quanto ti fa male? Senti qualcos'altro? Ti sei preso qualcosa? Hai fatto esercizi? E successo qualcosa? Riesci a parlare?!?!? respira, respira, respira. . . .! Ora spingi, spingi, spingi. . . .!"
Sono riuscito a evocare lo spirito della MaterPreoccupata. . . .
" C . . . . . . . . i . . . . . . . a. . . . . . . .. o. .. ."
Rientra anche la CrissiScocciataIncazzata
" Wueilà, CUGGINA, ti va di sentire il mio racconto della gita a Roma?"
Fuggo dalla stanza in cerca di un Bagno, e di un esorcista per il mio intestino.
Mi chiudo in bagno.
Sento delle voci.
( Forza, forza, resisti a non sfasciare tutto francè. . . .)

Ore 22.05

Due dosi di Entorergermina. Una camomilla e quattro biscotti al miele che sanno davvero di miele. Frasi concitate dalla MaterPreoccupata e dal PaterNervosus che incitano a un vomito forzato, non credendo che davvero abbia mangiato solo un cornetto gelato. Altri minuti per rievocare la MaterCalma e il PaterSemperNervosusSedNonTroppus. . . .
Sfinito mi corico a letto

Pagine lette: 14
Tempo impegato: 3 ore
Persone da includere nella lista 'Non voglio vederti mai più': Tre

Le giornate di merda, esistono.

martedì 23 giugno 2009

" Il giovane Holden "


Copertina fantasiosa, non trovate? E vi assicuro, il fatto che in sette giorni questa copertina immacolata non abbia ricevuto danni in casa mia da nessun familiare è significativo quanto questa recensione (vabbè, lo so, sto esagerando. . . .chiamarla recensione è un po' troppo!). Questo romanzo aveva ogni prerogativa perchè non mi piacesse: parla di un adolescente, viene raccontato da un adolescente,parla dei complessi di un adolescente, si svolge negli anni cinquanta, ha uno stile anni cinquanta, una trama essenziale e molto breve,mi è costato 14 euro con lo sconto del 20% ed è stato letto da 65 milioni di persone tutte convinte che sia un capolavoro. Ebbene, ora sono 65 milioni e uno. Sì, per una volta, mi accalco anch'io nella massa,e son fiero di dire "vai col conformismo"!. Come ho già detto, la trama è di quanto più essenziale: si svolge in due giorni in cui il nostro protagonista, Holden Caulfield (dai, provate indovinare qual è il nome. . .), bocciato dalla quarta scuola di seguito decide, in seguito a una lotta con il suo compagno di stanza che era uscito con la sua bella, una certa Jane, di lasciare la scuola prima del previsto, per avviarsi nelle oscure e selvagge strade di New York, all'in cerca di donne, fumo, alcool, ballo, e magari un posto dove dormire!. Qui seguono racconti in cui Holden si ritrova tra alberghi dal dubbio personale e dall'improbabile frequentazione, da donne con crisi da "rido-perchè-ti-trovo-stupido", "mi-servono-cinque-dollari-quindi-verrai-picchiato-a-sangue-per-la-decima-volta-in-20-pagine", "ti-odio-perchè-TUO-FRATELLO-mi-ha-lasciato-e-tu-non-c'entri-niente", "mi-hai-invitato-a-uscire-con-te-quindi-piango-come-una-forsennata" , da tassisti che non si sanno fare i cazzi loro e infine da professori maniaci sessuali. Cioè, ci credo che la parola "depresse" (passato remoto del verbo deprimere. . ., sì , è stato sconvolgente anche per me. . .) viene ripetuto una miriade di volte, con la gente che ti ritrovi! Ma che ti aspetti? E oltre tutto l'alcool nemmeno lo trova! Alla fine si consola con gli affetti della sua famiglia. . .cioè, di una parte, visto che odia anche quella e che parte o e via di casa o e morta,ragion per cui gli è simpatica solo la sorella Phoebe, che sembra soffrire anche lei di precosi crisi isteriche. Il tutto scritto in uno stile grezzo, grossolano, ripetitivo, e alquanto antiquato. ' Perchè allora ci scassi i mar. . . ehm, l'hai trovato un capolavoro? ' immagino vi starete chiedendo. Ve la faccio semplice: leggere il giovane Holden e come discorrere in una conversazione bizzarra ma incredibilmente interessante con un sedicenne davanti a una buona tazza di caffè (possibilmente macchiato. . .). Holden riesce a catturare la tua attenzione fin da subito nel suo stile che, se anche antiquato, è di più personale e particolare potreste mai trovare. Racconti e storie che se anche convergono sul tema dell'adolescenza, tema che probabilmente può essere trovato noioso da molti, ci puoi ritrovare riflessioni di un ragazzo che a prima vista può sembrare superficiale, ma che in realtà nasconde una personalità unica, sincera, profonda nel suo modo di comportarsi rispetto alle particolari vicende che lo accompagneranno per l'intero romanzo, alle esperienze di una vita intera che si riduce ai momenti fondamentali della sua adolescenza, raccogliendo i maggiori pensieri sulla guerra, l'infanzia, la vecchiaia, il sesso, la scuola, l'alcolismo, l'amore. Tutti temi che sembrano basarsi su una solida, feroce, insolubile ipocrisia che sembra accumanre gli eccentrici personaggi che hanno accompagnato il giovane Holden nella sua avventura attraverso l'adolescenza, un mondo mai trovato così lontano dal suo essere, da un conformismo, da un idea di falsità che lo rende riluttante all'idea di appartenerci, ma che è costretto a condividere nella sua continua fuga attraverso un ipocrita età adulta. Tema che si riflette nell'affetto che ritrova nella dolce sensibile, oltre che intelligente, Phoebe, così lontana degli ideali di tutto il mondo adolescenziale eppure così vicino al cuore infranto del povero Holden, che ritrova appunto la speranza negli ultimi capitolo passati assieme alla sua sorellina, altro secondo me grande e particolare personaggio di questo favoloso romanzo. Una storia unica, un libro che in poche pagine e riuscito a rivoluzionare l'idea del adolescenza, del mondo e della vita adulta. Quindi, a parte tutti gli "eccettera" "vattelapesca" e "compagnia bella", lo stile del romanzo è proprio una bella e rilassante chiacchierata con un semplice ragazzo davanti a una buona tazza di caffè.

Voto Finale: 8 - , ovvero se volete capire perchè siamo tutti degli ipocriti e del perchè non vi è piaciuta la vostra adolescenza, compratelo!

lunedì 8 giugno 2009

" La banda dei brocchi "



Ecco che con questo libro prevarrà il mio "cattivo" gusto delle cose. Infatti, a dispetto di tutti i "bellissimo", "stile impeccabile", "trama incredibile", a me questo libro ha solo incredibilmente annoiato.
Sapete quei libri in cui ci sono frasi del tipo ". . . racconti di quegli anni '70 che. . ." ," . . . un romanzo che ripercorre la storia degli anni '80. . .", " . . . in degli anni '50 che hanno fatto la storia. . . " ecc. Beh, da oggi in poi mi premurerò accuratamente di evitare libri che presentano frasi simili nella trama. Una cosa è ambientare la storia in un certo periodo storico, ma una cosa è sovraccaricarlo di luuuuuunghe ma luuuuuunghe descrizioni, riflessioni e citazioni su gruppi musicali, eventi di quegli anni, le ideologie politiche, i filoni letterari, e i libri, e i film!!!!!!!!! Ma poi basta, poi non se ne può più!. La storia si svolge in ordine "incasino-logico" tra decine di punti di vista, di flashback, flashfuture, al che ogni capitolo ti devi chiedere " Chi racconta?" "In che anno siamo?""Dove siamo?" e un " Ma chi ca**o me l'ha fatto fare?!?". Un tempo della storia che scorre così velocemente da farti incasinare anche il senso della trama, che in sostanza racconta di quattro adolescenti sfigati che passano la vita tra sesso, droga e rock'n roll! Nonchè dei loro genitori annoiati dalla loro vita coniugale e dai loro lavori, così che se la spassano tra donne da una vita repressa e una mentalità contorta. Dei quattro ragazzi solo due hanno fondamentalmente svolto il ruolo di protagonisti, Doug e Benjamin. E dire che per metà del romanzo credevo fossero la stessa persona eh! Vabbè ma qui diciamo che il mio grande intuito non mi ha proprio aiutato! Ma anche lo stile di Coe ci ha messo del suo!. La storia è ambientata principalmente in un liceo di cui il lettore ne ricava due informazioni: i professori sono decisamente più stupidi degli studenti, e che esiste il Circolo Chiuso. E di quest'ultimo oltre che spingere a pubblicizzare il seguito di questo romanzo non ne ho ben capito la funzione. Nel resto si accumulano storie di sesso raccontate così male che mi son ricreduto su "Tokio Blues - Norwegian Wood", su scherzi idioti di un certo Harding, sulla classe operaria di quell'epoca e la lotta tra socialismo e conservatori (se ho capito eh!), prefetti di cui non si capisce bene la funzione vera e propria,su articoli di giornale che, no, guardate, scuola di alta elitè, di gran prestigio e poi. . . . una redazione composta da quattro ragazzi presi del tutto a caso che scrivono certe cazzate che nemmeno le mie?. Il tutto arricchito con, i continui e continui e continui e continui e contui riferimenti a Tolkien, Tolkien, Hatfield and the North, Tolkien, gli YES, Tolkien. . . . . beh si dia il caso che io, disgraziatamante, il Signore degli Anelli NON L'HO LETTO! Mai ascoltato gli Hatfield and the North e nessunissima volontà di farlo!!!!. Il tutto condito con un ironia mai trovata così poco ironica. Ma qualcosa mi ha colpito di questo romanzo, oltre che i colpi di sonno. . . le grandi conoscenze, in generale, dell'auotore. Oltre a questo . . . mmmmm . . . diciamo che la storia della sorella di Ben e della sua storia con Cecyl le ho trovate molto più originali e scorrevoli rispetto agli altri racconti all'intero romanzo. Ma poi basta. Tutti il resto l'ho passato tra "ufff, che palle, ma quando finisce. . . . . .cosa?!?! altre 120 pagin. . . zzzzz".
-Il seguito del romanzo passa agli anni '90 con "Il Circolo Chiuso"-
Per me, invece, questo romanzo ha dato pure abbastanza (noia!)
Voto Finale : 5 , ovvero: m-a-i p-i-ù!!!

lunedì 1 giugno 2009

Album Fotografico

Una piccola sagoma nera incominciò a farsi spazio tra il cielo e il mare. Era troppo lontana anche solo per identifarcarne la corporatura e l'aspetto. Pian piano però questa riuscì a vincere l'ombra che la dominava e a darsi vita alla sguardo, immersa in una luce profonda. La minuscola figura camminava lenta sopra una scogliera che combatteva contra l'enormità di un'oceano che la circondava. Sempre molto adagio la figura si fece largo anche nello spazio circostante e nell'aria che l'opprimava allargandosi sempre più alla vista. Amelie camminava piano con un paio di infradito a i piedi, un jeans a pantoloncino e una camicetta rossa che si intonava col colore dei suoi capelli ricci. Con la sguardo divorava ogni piccolo particolare, ogni sfumatore di colore, ogni tono della luce che illuminava quello splendido mare, facendosi cullare dal dolce vento dell'estate appena iniziata, che la circondava nel suo forte e caloroso abbraccio. Non poteva trovare posto migliore, era perfetto. Amelie adorava il mare, la sensazione di eterna libertà e quiete che ti accoglieva, la scogliera bianca che incorniciava perfettamente quel paesaggio, il faro lontano che sovrastava le rocce bianche in un immagine più che mai poetica, il lento e dolce scroscio che infervorava in ogni dove e che rasserenava ogni pensiero, lasciando dietro di se una scia della più profonda quiete e pace. Osservava con sguardo malinconico mentre i suoi occhi azzurri si dipingevano di ogni immagine che potevano cogliere, le onde e le infinite pieghe che assumeva il mare che conquistava pian piano ogni tratto delle rocce bianche ,illuminate dal vento in una sinfonia di colori e suoni. L'aria incominciò ad accarezzargli i capelli e la pelle bianca mentre continuava il suo cammino. Amelie avrebbe voluto far parte di quel paesaggio se avesse potuto, o anche solo raccogliere quei momenti preziosi e conservarli nel suo cuore fino alla fine dei suoi giorni. A un certo punto si voltò e si fermò per qualche minuto, chiuse gli occhi e ispirò profondemente ogni suono e immagine. Fu colta da un senso....di poesia, non avrebbe saputo spiegarlo. Si avviò lungo i margini della scogliera e piano si sedette su uno scoglio leggermente inclinato verso il mare. Spostò le gambe come per stendersi ma mantenendosi in posizione seduta. Avvicinò poi le gambe verso il suo Album. Aveva una copertina verdastra con varie sfumature, e apparivano qua e là delle rughe e increspature date dalla carte che l'aveva avvolta, che si scontravano perfettamente con la parte nera laterale a l'album che permetteva a questo di aprirsi e chiudersi. Così in modo sempre adagio come a non stonare con il melodico paesaggio che l'avvolgeva, aprì il suo album di foto scattate quello stesso anno. Lo sguardo così si perse in quelle pagine....
Prima foto: aquilone rosso sangue a tipica forma romboidale fermo su un masso, tutto a colori.
Quell'anno Amelie aveva affrontato il suo penultimo duro, pesante, estenuante anno di liceo. Aveva scattato quella foto proprio dove si trovava ora, era il giorno prima dal rientro in classe. Voleva passarla davvero quell'estate, non voleva perdersi nulla del suo tempo libero che l'aveva tanto sollevata in quei mesi. Ora doveva ritornare a terra, di nuovo. Ma non si sentiva sconfitta, in un certo senso. Aveva colto quell'aquilone in una forma perfetta, la foto inquadrava perfettamente anche l'assenza di vento che non permetteva a questo di volare, così che era costretto dalla forza di gravità a restare a terra e a scontrarsi continuamente con i sassi. L'aveva osservato per qualche istante: inizialmente era decisamente fermo ma ,proprio ogni tanto, veniva leggermete scosso e rialzato da un leggero soffio di vento. Il filo era incastrato tra le rocce, ma nella foto non si vedeva. Quell'anno gli pesava nella mente trascinandosi paurosamente in ogni parte del suo corpo. Si sentiva pesante, pesante di ansie, problemi, di lacrime che l'avevano riempito ogni sua tremenda giornata. L'aquilone non l'aveva più ritrovato, ora che ci pensava.....
Seconda foto: zravvicinata al massimo su una chitarra posta in orizzontale, dove si poteva osservare le corde correre verso l'alto e un buco nero circolare formarsi verso il basso, tutto a colori. Era un foto di una visuale decisamente pessima, ma ad Amelie piaceva quel gioco di sfumatore che era riuscita a formare. Non era pratica nella fotografia come in molte altre cose, ma si sentiva libera nello svagare anche in campi che forse non gli erano proprio appropiati. L'importante era scattare. Quell'anno che l'aveva afflitta e chiusa in un vicolo cieco era riuscita a ritrovare parte di una sensazione di un sentimento ormai perso in ore ed ore ad ascoltare musica, musica, musica, di tutti i generi. Aveva ritrovato se stessa grazie a quella chitarra e al suo maestro, si sentiva come in crisi d'stinenza ogni volta che provava quel fremere forte nelle dita che erano bramose di toccare quelle corde. La foto era leggermente sfocata. Non aveva fatto molti progressi, ma era comunque contenta dei suoi risultati. Una delle poche cose che avrebbe voluto rivivere quell'anno.
Terza foto: mano che nascondeva un volto sorridente, divertito, con una ciocca di capelli probabilmente molto folti e una parte dell'espressione di un'occhio nascosto, in bianco e nero e sfocata anche quella.
Quell'anno il sentimento che più aveva alimentato le sue lacrime era la solitudine. Le foto era una riconcilazione con la realtà, se non fosse stato per quelle, sarebbe scomparsa nella sua casa in un mondo che non gli apparteneva, o che comunque si ostentava di conoscere. Si era liberata di quell'oppressione scattando foto, voleva conoscerla, la sua casa. Ma ora c'era lui. Nino era una persona affidabile, divertente, che l'accoglieva nel suo mondo come se fosse suo. In realtà si assomigliavano molto per certi aspetti. L'aveva visitato tante volte, Nino, era tutto ciò che lei avrebbe desiderato trovare in una persona, aveva ritrovato un sentimento sconosciuto, aveva visto parte di se stessa in lui. Ma era distante, distante miglia e miglia, non avevano tempo di scontrare i loro pensieri in un fulgido momento, lui era lontano da lei mentre lei era sempre più vicina. Gli sanguinarono gli occhi. Passò avanti....
Quarta foto: passero che si scontrava con la cornice della foto tagliandosi parte di un'ala e parte della testa, da cui in una parte si stagliava la sua rampa di lancio che consisteva in un piccolo ramo secco di un'albero, il tutto in bianco e nero.
Ora si trovava lì, Amelie, con il suo cuore salvo da una lunga lotta contro la realtà che l'aveva attanagliata, circondata, oppressa in quell'anno di scuola, ad assaggiare il vento che soffia, ad ascoltare il movimento del cielo, a guardare il suono del mare e ad essere sovrastata da una quiete di mille suoni. Era salva, era ancora viva, era sofferente a ogni dolore e grata di ogni piacere, e più che mai orgogliosa di se stessa. L'uccello era volato rapido al momento dello scatto, era stato un caso strordinario che l'avesse preso in volo. Ora anche lei poteva sentire il vuoto sotto di se. E ne era felice.
Quinta e ultima foto: l'orizzonte lontano, una linea retta con l'incontro tra il mare e il cielo,a colori. Il sole si stava immergendo in un oceano intagliato da increspature qua e là dove la stella ristagnava le sue ultime luci di un fragile e pallido tramonto, luci che pian piano si ritiravano nel profondo delle tenebre che conquistavano il cielo. La luce spariva piano, e Amelie alzo con la solita lentezza dei suoi movimenti ,per non disturbare il paesaggio, a osservare un ultima volta quegli attimi di pace. Ispirò ancora chiudendo gli occhi. Era distesa su uno scoglio e le linee del suo corpo, del suo viso, dei suo capelli si stagliavano in modo perfetto in quel paesaggio. Le prime stelle incominciarono a nascere in un cielo di luminose tenebre. Il faro si accese di una luce oscura per sorvegliare sui naviganti e il mare inghiottì l'oscurità del cielo. Il tempo incominciò come a rallentare. Amelie perse il suo sguardo ancora qualche istante in quell'eternità, poi ritornò alla foto. Era magnifica. Il cielo scorreva per intero a ridosso del mare formando quella leggerissima linea chiamata orizzonte. Non lo lasciava un minuto, l'uno e l'altro si scontravano in una perfetta sinfonia di colori e luci, come a incorniciare il mondo circostante. Ovunque andasse, per largo, per lungo, sempre avrebbe trovato quella linea da qualche parte, non c'era bisogno di cercarla, circondava tutto ciò che lo sguardo poteva osservare. Per quanto però la potesse spiare con gli occhi, non riuscirebbe mai a coglierla per la sua infinita interezza, e mai a coglierla davvero con un altro dei tuoi sensi, solo lo sguardo a diritto di ammirarlo. Amelie era sempre stata affascinata dall'orizzonte, era più di quanto potesse aspettarsi da trovare su questa terra, se avesse potuto sarebbe stata ad ammirarla per sempre. Ma molte delle sue cose più care erano lontane, e il tempo le si scagliava contro, per questo il suo album non era ancora terminato. Un'ultima delle sue numerose lacrime di quell'anno scese sulla foto. Amelie chiuse l'album e osservò ancora il cielo e il mare colorarsi di nero,cercando di ritrovare l'orizzonte perso nella più completa oscurità.
Non lo trovò.

lunedì 18 maggio 2009

Il suono del silenzio

Si sentì irrompere nel silenzio un sommesso tintennio di chiavi intente ad aprire una porta. Era un suono che tante di quelle volte si era stampato nell'aria che l'animale riuscì a riconoscere così bene che era sicuro di chi fosse. Il suo padrone infatti stavo entrando in casa con aria relativamente allegra. Sul suo viso infatti non era spiaccicato nessun sorriso, eppure i contorni del volto, i movimenti facciali, i suoi occhi brillanti lo facevano sembrare tutt'altro che triste. Nazim entrò con i suo soliti movimenti sbandati come se stesse sempre camminando con un animale che gli gironzolava fra i piedi. Era il peso della cartella che gli dava impiccio, nonchè quel suo solito andamento che lo faceva sembrare sempre sul punto di cadere. Era strano come potesse un ragazzo dare tante impressioni aprendo semplicemente una porta, eppure, lui, ci riusciva. Alla fine riuscì ad entrare in casa incappando nei suoi grossi piedi, buttò la cartella sul primo piano stabile che vide (e se non ci fosse stato, anche a terra sarebbe stato lo stesso...), posò le chiavi, si tolse il cappello con la visiera rivolta verso la nuca e percorse il corridoio con estrema agilità. Attraversò il salotto, la cucina leggendo distrattamente un messaggio che recitava
"Tornerò più tardi. Devi solo riscaldare il pranzo" e si fiondò sulla sedia del computer. Tutte azioni di rotuine, anche quelle si erano quasi fissate nell'aria, come se fosse di una facilità estrema ripetere quei movimenti. Come rivedere la stessa scena di un film un milione di volte, alla fine perde completamente senso. Ma a Nazim ora pesava solo la stanchezza delle sei ore passate tra i banchi di scuola, prevalentemente ad annoiarsi. Passò in rassegna ai suoi soliti siti web: l'e-mail, vari blog che seguiva, il sito di qualche cantante....anche quelli sembravano aver perso senso, anche se cambiavano constantemente, rivederli ogni giorno portava comunque a uno stato di noia profonda. Pensò quanto il ripetersi continuo di azioni ripetitive potesse cancellare parecchie cose. Ma Nazim in quel momento provava una sensazione strana. Era come se fosse pieno di cose da raccontare, da dire, come se per una buona volta volesse che anche il silenzio ascoltasse i suoi pensieri. Era seduto sulla solita sedia della sua più che vecchia scrivania a riguardare siti visitati centinaia di volte, e questo accadeva ogni giorno. Aveva paura che la sua vita in un certo senso gli stesse scorrendo dentro senza cambiare nulla in lui. Nel migliore delle ipotesi, non sarebbe mai invecchiato. Gli piaceva guardare il lato positivo delle cose, di qualunque cosa. Fissò ancora per un attimo lo schermo affogando nei suoi pensieri, quandò incominciò il ritmo della sua vita che era certamente più "dinamico" del precedente, ma sembrava non toccarla affatto. Forse aveva disimparato cos'era il cambiamento....cosa significava cambiare davvero le cose...... Così si stese sul suo letto, si tolse lentamente le scarpe e rimase con i calzini di quel giorno. Era quasi una sensazione inebriante per lui stare steso sul letto con magari dei jeans larghi e una t-shirt a respirare tutte le energie perse fin'ora e a dispedere un po' di quel sonno che avev accomulato. Chiuse lentamente gli occhi. Era come lo svolgimento di una dolce processione che portava a uno stato sereno dell'anima. Accarezzava dolcemente i suoi piedi e si trascinava pian piano le gambe, giocando allo stesso tempo con le dita delle mani. Poi aprì gli occhi, li richiuse, e li aprì di nuovo. Si sentì fremere i piedi. Si ripose seduto sul letto e si trascinò su uno accanto, quello della sorella. Si ripose seduto anche lì ma questa volta con le gambe incrociate, e incominciò a fissare il suo animale domestico. Il suo gatto. Era come se conoscesse a memoria ogni minimo movimento del suo corpo,ogni sua minima ondulazione del pelo, ogni sua mossa....era come conoscere se stesso. I suoi occhi verdi si riflessero in quello gialli del gatto che sembrava avere un'aria abbastanza annoiata, o comunque scontrosa nei suoi confronti. Ma Nazim non si scoraggiò, così alzando leggermente la testa incominciò a parlare....
- Vedi, oggi ho preso un altro 4 in Latino. Non fa niente, non m'importa, non me ne frega niente. Ma dovevi vederla quella sua faccia da vipera inasprirsi nel peggiore delle sue espressioni, come se avesse ingoiato un rospo vivo durante il mio silenzio alle sue domande. Ancora non mi capacito di come certe professoresse riascano a concentrare...o meglio... a dimostrare tutta quella cattiveria in un sol volto, capisci? E quasi....diabolico, sì, proprio da un malvagio represso e sadico.
Silenzio. Il gatto di tutta risposta incominciò a muovere la coda in movimenti ripetitivi come spazientito. Ma la pausa fu breve...
- D'altronde...dal punto di vista cosmico non importa a nessuno no?. Sì, insomma, forse dal punto di vista "scolastico" va malaccio, ma dal punto di vista cosmico? Dovremmo analizzare tutto da un punto di vista cosmico secondo me....- cercava di concivecere più se stesso che con il vero intento di parlare Nazim. Ancora silenzio. Questa volta fu più lungo, ma terribilmente piatto. Il gatto dal suo canto non faceva una piega. Ora teneva solo un espressione un po' più...da "gatto" come piaceva definirla Nazim, ovvero con le palpebre leggermente distese e le pupille molto ristrette. Fu quello sguardo a rompere il silenzio....
- Oggi quasi mi scoppiava il cuore. Si è seduta vicina a me sai? Quella ragazza, dio quanto mi piace!. Con tutte le cose che un ragazzo vorrebbe fare con una ragazza, io sarei già al settimo cielo se potessi stringergli le mani, capito? Le sue mani sono perfette! Sono bianche bianche e con dita ne troppo sottili e ne troppo grosse, ma e come se chiedessero affetto, un bisogno impellente di protezione. Oggi per poco non gli e le prendevo e gli e le stringevo tra le mie. Ho sempre paura che...- piccola risatina- si scigliessero tra le sue. Purtroppo per quanto sembriamo così vicini, la sento molto distante, e questo mi fa morire.....in un certo senso-
Altra pausa riempita da un placito silenzio. Il gatto chiuse gli occhi come ad assentire mentalmente a una domanda mai posta. Ma Nazim come se non fosse successo nulla continuò il suo discorso, o meglio, come se il gatto avesse risposto
- E poi quando sorride....e....splendido, ma come fanno i poeti a trovare tutte le parole migliori per descrivere la bellezza della loro amata? Io non ne sarei capace...o melio...penso che dovrebbe esistere uno strumento per la comunicazione che permetta di far capire al meglio ad un'altra persona tutti i tuoi sentimenti, compreso l'amore. Come si fa a esprimere l'amore semplicemente a parole? C'è una limitazione troppo grande, non si può! Capisci che intendo? - rivolgendosi con lo sguardo sempre al gatto - E una sofferenza non far capire a qualcuno nel modo più facile ciò che....- . Il silenzio irruppe nel suo cuore. Non c'è la fece a terminare la frase.
- Eppure è strano, non provo quegli stati fisici quando la vedo per cui....sai quei palpitii al cuore,quel bruciore di stomaco....io sento...mi sento bruciare gli occhi, o forse illuminarsi, non so bene, io sento qualcosa agli occhi, come se cambiassero colore o....o magari così desiderosi di guardare che non vorrebero mai chiudersi ne perdersi un attimo di quella visione.....-
Il discorso questa volta cadde in un silenzio commosso. Nazim chiuse gli occhi e fece un profondo respiro...
- Oggi devo andare a lezioni di conservatorio. Già me l'immagino quello sguardo pieno di rammarico quando finirò il pezzo della prof. Lo so, lo so andrò male. Quegli stupidi tasti non hai idea di quanto sono duri, e una continua lotta con i tasti il pianoforte, altro che musica, l'eccellenza, la bellezza, la migliore foma d'arte, e una lotta continua in cui il più forte e il più bravo...è odioso, non lo sopporto. Per quanto ti sforzi, ti alleni, ti eserciti il pezzo uscirà sempre con qualche errore qua e là, un semitono non suonato, un lento troppo veloce, quel dito che scappa e si perde tra i tasti e tu che ti maledici ancora con la tua mente che urla "No, diamine hai sbagliato ancora!". La cosa peggiore e che sei così concentrato sul pezzo e sulle sue note che non ti accorgi quasi della musica che senti, così godono solo gli altri! E se sbagli? Nemmeno quello! Quindi a che serve??? E uno schifo il piano per quelli come me, uno schifo.....
Il silenzio del gatto pesava di una noia che si poteva notare praticamente in ogni suo gesto e azione ormai: quello sbattere lento della coda, il respiro piano e regolare, quel movimento degli occhi adagio e mantenendoli quasi sempre semichiusi, il movimento repentino delle orecchie ma che sembrava accordarsi perfettamente in quella monotonia. Nazim si concetrò su un filo di spago scappato dall'intreccio che ne componeva il copri materasso e che attirava ora la sua attenzione, mentre i suoi pensieri rifuivano lenti come quel silenzio. Incominciòa incrociare e a intrecciare le dita in movimenti che inondavano il silenzio di un nervosismo sommesso.
- E poi li dovresti vedere gli altri, i musicisti intendo, con tutti quei loro sorrisi sfacciati sulla faccia, quella loro siurezza che si sentirebbe a dieci miglia di distanza, quel movimento delle loro dita........-
Il silenzio questa volta si era riempito di rabbia, e il gatto in tutta risposta aveva rilassato le sue palpebre e disteso le sue pupille. Nazim incominciò ad accarezzarsi i piedi con movimenti leggeri e a fissare le sue mani...
- Oggi, sai cosa ho visto? Un fiore...anzi, dei fiori. Sono i più bei fiori che abbia mai visto. Sono bianchi, aperti a mò di stella, bianchi e all'interno con sfumatore rosa-violacee e con piccoli pallini retti da quegli strani steli all'interno. E un fiore splendido, mi ha fatto...sorridere, prima che entrassi, ero contento. Se sò della continua esistenza di quel bellissimo fiore sarò felice. Non credi sarebbe tutto più semplice seguendo questa filosofia di vita?
Il silenzio era penetrato negli animi di entrambi i presenti in quella stanza, si era impossesato dei suoni e ne aveva creato malinconici ricordi e sensazioni che poche volte il silenzio concede. Nazim squadrò per un'ultima volta il gatto, come ad aspettarsi di ricevere una risposta. Il gatto non si mosse nemmeno dopo quelle parole perse nel silenzio, come se non fosse cambiato proprio nulla che lo potesse anche solo lontanamente interessare. Così il ragazzo alzò un braccio verso di lui, gli acarezzò dolcemente la frante come aveva fatto fin'ora con i suoi piedi, e il gatto emise delle leggerissime fusa alzando a più non posso la piccola testa. Poi si voltò di scatto verso il pavimento, piegò in un gesto atletico l'intero suo corpo e con un salto balzò sul pavimento, e uscì dalla stanza.
Nazim non si poteva aspettare miglior risposta.

venerdì 15 maggio 2009

" Qualcuno con cui correre...."


Non sia mai detto che giudichi un libro dalla sua copertina eh.....però certo và detto che questa copertina fà proprio schifo!. E anche il titolo non pregiudica certo una storia allegra....eppure dalla trama non sembrava male, e infatti lo è stato eh!!! Però, però, però....
Per carità, mi è piaciuto, davvero, ma ci sono delle precisazioni da fare. Ma incominciamo dagli aspetti positivi di questo romanzo...

1. La trama: originale, sostanzialmente emozionante, profonda, triste ma non troppo, mai banale, è molto, molto interessante, che con i suoi misteri intrinseci, le sue problematiche di attualità affrontate praticamente dal vivo, e alcuni personaggi davvero singolari riesce a trascinarti verso una fine un po' aspettata, ma con entusiasmo ed emozioni che solo libri come questi possono trasmettere.

2 . I personaggi: solo per quanto riaguarda i principali, quelli che insomma hanno fatto da protagonisti alle intere vicende, sono riscontrabili le solite caratteristiche di un adolescente tipo: imbranato, impacciato, timido, noioso....ma per quanto riguarda Assaf, mentre c'è da dire che LA protagonista è decisamente più interessante. I suoi pensieri e riflessioni durante le sue esibizioni, e comunque durante tutto il romanzo, nutrono il libro di uno spessore quanto mai poetico, che affascina il lettore anche più giovane trascinandolo nelle vicende che animano questo libro nel suo profondo, nelle tematiche, come ho già detto, che fanno risaltare le problematiche di un mondo a tutti conosciuto ma allo stesso tempo quasi ignorato: la droga, lo sfruttamento minorile, la povertà, l'adolescenza. Che dire, protagonisti unici nel proprio genere, per via del fatto che comunque l'adolescenza viene sempre affrontata secondo me da un livello sbagliato, accuse continue di una generazione ormai in decadenza e senza via di recupero, quando questo libro affronta senza spregiudicare i giovani per le loro scelte ma anzi incolpando proprio la classe degli adulti di questo loro sfrontato e ingiusto giudizio.

3. Lo stile: non l'ho proprio apprezzato. Non ho letto altri libri di questo autore (David Grossman), quindi non posso giudicare in modo appropriato. Per intenderci: non è uno di quei libri che apprezzi per la sua "chiarezza" nel raccontare la trama. Le continue riflessioni e pensieri dei personaggi irrompono in alcuni momenti rompendo un po' le emozioni e rendendo la storia non ben intepretabile, sopratutto per chi come me non ha proprio un grande intuito. Le descrizione per lo meno a me hanno lasciato a desiderare, quelle poche che c'erano. I dialoghi un po' confusionale, ma essenzialmente rari anche quelli, si basava molto più sulle "azioni" e "pensieri". La struttura è quella che mi piace meno, capitoli che durano centinaia di pagine divise in paragrafi con una coesione logica che non ti permetteva di fermarti dove volevi, ovvero se interrompevi dopo un paragrafo ti ritrovavi che il successivo continuava il senso logico dell'altro così da costringerti a ripetere la lettura dei precedenti. Perchè lo metto tra gli aspetti positivi? Perchè di scrittori che scrivono male c'è ne sono tanti, ma tanti davvero, e Grossman non mi sembra proprio tra questi.

Gli aspetti negativi non c'è bisogno di elenacarli. Prima di tutto i personaggi secondari , solamente citati e pensati dai protagonisti e comparsi in pochi paragrafi, hanno influito poco o niente sulla storia (beh, non tutti ovviamente) non contribuendo nemmeno a ricostruire una descrizione psicologica e introspettiva dei personaggi che secondo me viene ampiamente ricavata dai dialoghi e dalle lunghe ma luuuuuunge riflessione che interrompono un po' la continuità della storia. Per carità, non erano tutte noise, ma alcuno proprio sì!. Le descrizioni....beh, non so perchè alcuni scrittori si ostinano a non descrivere proprio nessuna caratteristica fisica dei personaggi, ma solo quelle pù importanti o particolari. Di Assaf se capito solo che è alto, alto, alto , Tamar pelata con occhi belli e dita lunghe (....), il fratello anche lui alto, alto, alto con dita lunghe (...), gli altri....zero, nada, nihil, nothing! Non un caratteristica fisica particolare, non un filo di descrizione sociale, psicologica, economica, niente!. Sentivo un vuoto quando ero costretto a immaginarli certi personaggi. Ma vabbè, sembra una preoragativa degli scrittori ormai non descrivere per niente i personaggi quindi se non alro Grossman sarà tra questi. Per il resto, i dialoghi, le scene "cult", le descrizioni della realtà drammatica di Gerusalemme, nonchè il finale non mi hanno proprio fatto impazzire, ma la trama mi piaceva tanto che ha compensato il tutto. Quindi, facendo un po' di calcoli, la mia valutazione finale è.....

Voto Finale: 7- , ovvero: tipico libro che ti assegnerebbe la prof da leggere durante l'estate, ma più interessante!!

venerdì 8 maggio 2009

Introduzione...

Sapete quei giorni in cui non si ha nulla da fare, la noia ti impedisce di fare ogni cosa e i pensieri si rattrapiscono nella tua mente ripetendosi in modo lento e monotono, quei momenti in cui ti senti quasi costretto a fissare il vuoto per ore e ore come alla ricerca do qualcosa da fare....e poi.... eccola che arriva! L'ispirazione migliore della tua vita, che ti spinge a fare qualcosa di incredibilmente folle e insensato che in altri momenti diresti "Non lo farei nemmeno se mi pagassero!" , l'atto più egoistico che potresti compiere per riempire le tue ore di noia spasmodica, qualcosa che fan ormai tutti ma che tu non hai mai osato fare pensando " Cose che non mi interesseranno mai e poi mai....". Ecco! Ora, in quei precisi momenti, ti interessano più di quanto immagini. Così ho deciso di creare un blog. Ma non è un semplice blog, è molto meno di così....(?) e una lunga raccolta di interminabili e disinterressantissime cazzate. Sì, capito bene, cazzate! ci, a , zeta, zeta, a, te! Cazzate!. Sapete quelle storie sceme che uno legge qua e là quando non ha niente da fare per internet, che non hanno alcun significato, ne profondo, ne tondo, ne piatto ne quadrato?. Non ho certo intenzione di scrivere come passo le giornate, diciamocelo una volta e per tutte.... ma a chi interessa sapere di come passa le giornate un tipo eremita e completamente sconosciuto? Interessa a qualcuno? NO! Eppure...non ci crederete....ma c'è qualcosa di ancora meno interessante! Le mie storie (o cazzate, come preferite)! No davvero, sarebbe molto più divertente sapere come passo le giornate! Vi è andata male!
Ma con un titolo scemo come questo blog, ma che cosa potevi aspettarti? (ma che nessuno i permetta di offendere la descrizione!)
Ma allora vi direte...ma che sto leggendo a fare cose che anche lo stesso autore descrive come "cazzate"?!?!?!. Beh, un certo signore ha detto che "tutto è relativo" (e per intenderci, dico signore non perchè sappia chi sia ,è!), e se è vero, allora anche una cazzata può dimostrarsi un capolavoro. La bellezza risiede negli occhi di chi la guarda (ok , basta con ste frasi idiote...)
E sentendomi come un piccolo "autore" e come tale dovrò dimostrare, finalmente, non qualcosa a me stesso ma agli altri, accettando qualsiasi critica....che non superi il "Superfantasmagorico" si intende!
Ovviamente scherzo, basta che dosate le vostre critiche in maniera modesta, insomma non esagerate! Basta scriverlo solo anche una volta " E proprio una cazzata!" o " Ma che cagata" o " Dovrebbero levarti internet per non farti pubblicare certe stro..." o " Era meglio se fissavi il vuoto..." et similia.....ah! Regola assoluta " qui è vietato l'uso del latino, se non da parte mia" ! Chiaro?
Ovviamente, potrà capitare che non scriva solo racconti, ma anche recensioni, commenti, critiche e pensieri su dei qualsiasi avvenimenti che possono accadere a me, e/o anche ad altri, argomenti che scuotono il giudizio di massa generale e che ognuno sento il desiderio di commentare e spregiudicare....
Commenterò certamente anche libri, film, musiche, con la mia solita sconsiderata ignoranza negli argomenti trattati, lasciando semplicemente spazio al mio "senso del gusto", per altro sempre, ma sempre contrario o diverso al giudizio di tutti!
E chissenefrega! Il blog è mio, no???
Un punto a mio favore è quando avrete un emorragia interna per la lettura dei miei racconti e/o recensioni ,è proprio il fatto che non dovrete aspettarvi nulla di che! Non sono scrittore e ho solo 16 anni! Cosa ti puoi aspettare da un "principiante scrittore" sedicenne?!?!? Niente no?!?! Allora prima di commentate leggetele bene, queste premesse...ma sopratutto...l'immagine del soffione non è a caso.....e se non avete capito il concetto, leggete il racconto precedente....e se non avete ancora capito di cosa sto parlando, lasciate stare sto blog!!!

PS= Se vi và, ad accompagnare le mie cazzate c'è un mini lettore bluastro nella colonna destra del blog (d'altronde, una c'è ne!) con musiche scelte da me. Se non vi va bene, accendete allora il vostro personale mp3!!